La presentazione visiva del libro è il giusto preambolo di ciò che conterrà il viaggio narrativo e anticipa la forma della storia: ciò che sembra in apparenza, in realtà cela qualcosa di più grande. Sulla front cover è rappresentato il tradizionale ballo coreano in maschera in clima di festa.
Accanto al titolo ‘Banned Book Club’ c’è Hyun Sook, protagonista della storia, disegnata come una ragazza semplice e tranquilla mentre stringe al petto un libro con l’espressione un po’ intimidita ma allo stesso tempo affascinata, forse proprio da ciò che tiene stretto. Sulla back cover ci sono immagini di scontri con le forze dell’ordine ed è riportata la frase
“They hit you? How did you get away?”
“I hit harder”.

Il racconto è ambientato nella Corea del Sud degli ’80, anni caratterizzati dalle proteste contro il governo militare di Chun Doo Hwan. La protagonista è appassionata di libri e l’interesse per la letteratura la porterà a percorrere una strada che probabilmente non si sarebbe immaginata di intraprendere. Saranno i libri a farle conoscere un gruppo di ragazzi coinvolti nel movimento studentesco, di una università fittizia, alle prese con la lotta politica.
Il tono del racconto è simpatico e spiritoso, ma non per questo pecca di leggerezza, anzi, l’autrice non manca di sottolineare il messaggio sottinteso dalle prime pagine: “No act is apolitical”.

Il riferimento alla contestazione politica a volte è esplicito, ad esempio durante le lezioni di letteratura occidentale, dove si studia Shakespeare e il potere delle sue opere di diventare uno strumento di protesta. Altre volte invece si cela dietro a una facciata e il Book Club non è solamente un circolo in cui si discute di libri, il ballo tradizionale non è solo una performance pubblica e un appuntamento tra amici non è solo per vedere un film.
Il racconto dà un grande contributo, soprattutto nel modo in cui lo fa, a diffondere l’interesse per un periodo della storia della Corea del Sud che deve essere sempre ricordato e posto come momento cruciale per la sua transizione verso la democrazia. Oltre ad essere un libro simpatico, questo è anche uno spaccato fedele di quella che era la vita degli studenti del tempo, divisa tra la clandestinità della lotta politica e la vita semplice di giovani ragazzi.
Come dichiara l’autrice nell’aletta del volume, il racconto è la composizione di esperienze, anche autobiografiche, di persone diverse raccolte tramite la conduzione di interviste. La trasposizione di alcuni dettagli, come il rischio dei continui interrogatori, l’organizzazione dei gruppi studenteschi e la dinamica di divulgazione di volantini, non sarebbe stata possibile se non attraverso un’indagine approfondita. Quindi il libro è anche una testimonianza, riportata con genuinità e accuratezza accompagnata da riferimenti a importanti avvenimenti storici come la strage di Gwangju.