«Non sei tu che scegli l’idol group, è l’idol group che sceglie te.»
– Semicit.
Il periodo in cui mi ero allontanata dal k-pop coincide, più o meno, con l’inizio della terza generazione.
Avevo fatto giusto in tempo a guardare il debutto dei JJ Project, incuriosita da quel Jaebum che avevo visto anche in Dream High 2.
Aprii timidamente, e anche un po’ scetticamente, la finestra del k-pop dopo qualche anno, per scoprire che JB era il leader dei GOT7. Ma la persona che mi tirò definitivamente – e nuovamente – dall’altra parte, ributtandomi in questo mondo, fu Jackson Wang. Un ragazzo dai molteplici talenti, che anche nei variety più chiassosi non dimenticava mai di citare la mentalità degli albori, ossia di non dimenticare mai da dove si è cominciato.
Poi si sa, un membro tira l’altro, una canzone tira l’altra. E quindi da quel Jackson esuberante ho imparato a conoscere la sua camaleontica capacità artistica, che si fonde perfettamente con gli altri membri, ognuno con un colore, attitudine e sfumatura propria che in sinergia crea musica.
Era solo una questione di tempo, quindi, che i GOT7 avrebbero conquistato a pieno un posticino nel mio cuore, imparando i loro talenti, in qualsiasi ambito, mostrando una piena padronanza della loro vena artistica. Ma la cosa che più mi piacque fu il loro modo candido e diretto di parlare.
L’intervista che fece Jaebum per Allure è una delle interviste più interessanti e schiette che io abbia mai letto da parte di un idol; toccando temi come la delineazione tra personaggio pubblico e persona privata, la mascolinità e femminilità come entità unica che viene esternata secondo il proprio stile ed il piacere di raccontarsi attraverso i suoi piercing per rompere gli schemi sociali.
Quindi, quando giunse il momento della fine del loro contratto sotto un’unica casa discografica, il magone del “quando li rivedrò nuovamente?” si fece strada e all’annuncio del comeback per questa primavera 2022 che mi ha regalato gioie non potevo che esserne estremamente entusiasta. Euforica. Felice.
Perché dopo aver seguito i loro progetti da solisti – un grande applauso a Jinyoung per la sua interpretazione in The Devil Judge! – il mini album di Yugyeom è il mio preferito, per non parlare di BamBam – grazie per aver seminato spoiler qui e lì – che osa con Ribbon, uscendo dalla sua comfort zone; Youngjae che colora le giornate con Colors from Ars ed è stato bello vederlo anche in So not worth it e Mark che si racconta in Last breath, My Life, Lonely e Save me; non vedevo l’ora di rivederli insieme. E l’album è un regalo immenso che ci hanno fatto.
La cosa più bella è vedere come il loro legame trascenda qualsiasi barriera geografica e temporale. Non vedo l’ora di vederli di nuovo insieme, su uno stage a parlare ai fans e a scherzare tra di loro.
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