Ciclo di approfondimento su Park Chan-wook: I’m a Cyborg but That’s Ok
Bentrovati all’ultimo appuntamento con i film di Park Chan-wook. È stato un ciclo molto divertente e stimolante da presentare, e abbiamo cercato di farlo da un’angolatura che non ritraesse solo la classica associazione con la violenza, ma che risaltasse anche la natura diversa dei personaggi finora incontrati.
Il ciclo si conclude con lo stravagante e unico “싸이보그지만 괜찮아 – I’m a Cyborg but That’s Ok”, uscito nel 2006, un anno dopo il capitolo conclusivo della trilogia della vendetta. Il regista torna con un film completamente diverso per trama e stile, forse anche per distaccarsi un po’ dai suoi ultimi tre lavori.
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La protagonista, ancora una volta una ragazza per la nostra selezione, è Young-goon (Im Soo-jung) che si crede una cyborg. Questa, dopo essersi tagliata il polso al quale cercava di collegare un cavo elettrico per ricaricare le batterie, viene rinchiusa in un manicomio per sospettato tentativo di suicidio.
Nell’istituto inizia a parlare con diversi macchinari elettrici, soprattutto con il distributore di bevande, e incontra tante altre persone con atteggiamenti altrettanto bizzarri, in particolar modo farà amicizia con Il-soon (Rain). I due diventeranno sempre più stretti e inizieranno a prendersi cura l’uno dell’altro in un modo tutto loro. Anche in questa folle irrazionalità, quando tutto sembra non avere un senso, l’unico linguaggio che mette un ordine alle cose è la collaborazione tra i pazienti, il solo momento in cui il manicomio sembra funzionare veramente.
La pellicola assume una sfumatura ancor più interessante dato che nel 2003, qualche anno prima dell’uscita del film, Park Chan-wook aveva partecipato al progetto “여섯 개의 시선 – If You Were Me” insieme ad altri cinque registi, alcuni dei quali esponenti della New Korean Wave. Il risultato sono sei cortometraggi accomunati dal tema centrale della discriminazione in Corea del Sud. Il corto di Park, intitolato “N.E.P.A.L.: Never Ending Peace And Love”, tratta della storia vera della nepalese Chandra, una lavoratrice in nero che viene rinchiusa in un manicomio per sei anni dopo esser stata scambiata per una coreana con problemi mentali.
Con “I’m a Cyborg but That’s Ok” Park Chan-wook riprende un discorso già avviato qualche anno prima, un argomento delicato e controverso, e decide di farlo in una maniera del tutto inedita, lontana da luci e atmosfere pesanti, tralasciando il lato dark, ma lasciandosi andare a viaggi immaginari e ad espedienti bizzarri per raccontare la mente umana con una fantasia e una creatività tali da rendere geniale la sua scelta.
Il film è molto carino e preparatevi a una bella iniezione di pazzia dove l’interpretazione razionale e l’associazione logica lasciano il tempo che trovano. Abbandonatevi al ritmo piacevole delle immagini di una pellicola che vi lascerà divisi e vi porterà a chiedere chi è Park Chan-wook se non un genio pazzo.
Buona visione a tutte e tutti!