Ci s’immerge piacevolmente nella quotidianità delle giovani “haenyeo” (tuffatrici dell’isola di Jeju), in Le madri di vento e di sale di Lisa See, Young-sook e Mi-ja e nella loro stretta amicizia sin da ragazze. Quindi da quando imparano ad immergersi a quando partono per le immersioni stagionali all’estero, fino a diventare donne. Vivendo sempre insieme.
La scorrevole narrazione tra presente e passato non confonde il lettore, poiché suddivisa in parti distinte. La Young-Sook di oggi ricorda sé stessa del passato per poter ritornare a fare pace coi rancori che si porta dietro, per trovare risposte a dolori e delusioni che la riappacifichino con l’amica di sempre, Mi-Ja.
Attraversiamo un viaggio generazionale in cui troviamo le fiere e forti donne di Jeju, che mantengono economicamente le proprie famiglie, differenti dalle donne della terraferma, assoggettate ai doveri tradizionali del confucianesimo. Le donne dell’isola hanno valori saldi, sono unite e seguono regole pratiche, condivise dai loro uomini, dalla comunità, al fine di sostenere un sistema che consenta la gestione delle proprie famiglie nei lunghi periodi di assenza nel corso delle immersioni. Donne descritte sempre col sorriso, complici, nonostante le fatiche.
I periodi lontani da casa per molte di esse durano mesi. Le giovani amiche si spingono fino a Vladivostock per lavorare. Periodo in cui le ragazze iniziano a guardarsi attorno, a ritrovarsi libere e felici, anche solo per concedersi un gelato o spendere parte del proprio stipendio per sé stesse, ma anche ritrovarsi compiaciute per lo sguardo di un ragazzo.
La protagonista Young-Sook ripercorre gli anni che l’hanno legata con forte amicizia a Mi-ja. Sono gli anni del colonialismo giapponese e quelli della resa del Giappone agli Stati Uniti, col conseguente sentore della popolazione di Jeju di essere finiti da un colonialismo all’altro, nonché gli anni della separazione delle due Coree. Cambiamenti storico politici che separeranno le giovani donne.
Fino ad arrivare ai giorni nostri in cui la modernità ha stravolto le tradizioni delle haenyeo, sempre più anziane, sempre più stanche, sempre di meno.
Personalmente mi sono ritrovata completamente immersa nelle dinamiche descritte dalla protagonista e incuriosita sempre di più a conoscere gli avvenimenti delle famiglie di Jeju. I loro pensieri, le dinamiche che le hanno portate a determinate scelte, nonché alla visione di un periodo storico politico che a Jeju veniva percepito diversamente rispetto alla Penisola.
Avvenimenti che dal 3 aprile del 1948 al maggio del 1949 divengono duri, cruenti.
La repressione dei ribelli sull’Isola di Jeju ad opera dei soldati coreani, lasciati liberi dalle truppe americane nello scovare “comunisti, simpatizzanti o presunti tali”, è risultata per gli abitanti dell’isola ben peggiore del colonialismo giapponese col quale avevano imparato a convivere.
Queste sono state le pagine più strazianti per me, non sono riuscita a trattenere il pianto e non semplici lacrime.
Ma ecco che scatta la forza di farcela:
“Cadi otto volte, rialzati nove” – detto che per Young Sook rappresenta le donne di Jeju – “soffriamo di continuo ma, a ogni nuova sofferenza, ci rimettiamo in piedi e continuiamo a vivere “.
In quel triste momento la protagonista è accolta dalla suocera Do-Saeng ed inizia a ravvedersi sull’atteggiamento della donna, che tra l’altro è anche la capo haeseng, cui lei sarebbe destinata a succederle.
Pensavo che le suocere di tutto il mondo fossero difficili da trattare, ma quel giorno mi resi conto del fatto che sono semplicemente insondabili…Gli uomini e le donne che scelgono per i figli. Il fatto che condividano o meno con te il loro modo di preparare il kimchi. Ma una cosa era evidente: nonostante tutte le perdite subite aveva continuato a vivere.
Gli anni passano e le ragazze divengono donne, madri, con figli cui dare un futuro. Figli che iniziano a studiare, ad aprirsi al mondo. E così la figlia di Young comincia a leggere e a conoscere “Heidi”, i cui personaggi iniziano ad impossessarsi della madre. E fu così che questo libro divenne argomento comune tra le haenyeo, poiché le figlie leggevano il libro alle madri. Iniziando a chiedersi che sapore avesse il pane, il latte di capra, …
E qui l’argomento mi ha strappato un sorriso, perché mi sono rivista nel seguire mia figlia nell’ascoltare i BTS, fino ad essere impossessata dai membri del Gruppo, divenire un’Army ed essere intrigata da una cultura lontana dalla mia, quella coreana.
Il bello delle donne di Jeju, delle haeseng è la loro temerarietà, anche nell’educazione dei figli mostrando una mentalità più aperta nel dare loro un’opportunità per il futuro, sebbene incerto.
Dalla prima all’ultima riga di questo libro mi sono ritrovata a meditare, a ricercare eventi storici, a prendere appunti.
Col fiato sospeso sono arrivata alla fine del libro, che ha attraversato generazioni, curiosa di sapere cosa fosse accaduto alle due amiche, le cui vite ad un certo punto si separano, apparentemente per ovvi motivi, e chiedermi cosa le avesse veramente allontanate…