“Fatico a capire le poesie dei contemporanei. Sono troppo difficili. Però questo verso mi piace, quindi lo trascrivo.
«Il mio dolore non ha sottotitoli e non viene letto.» da città del dolore, di Kim Kyõngju.”
Sono emblematiche le candele che bruciano. Ci avete mai fatto caso? Sono perfette appena prima che la fiamma si avvicini e poi la loro struttura a poco a poco si scioglie e di loro non rimane più niente.
Somigliano molto alla mente umana, nel pieno delle sue funzioni è perfetta, un enorme archivio di informazioni e ricordi, ma quando una malattia come l’Alzheimer la intacca, come la candela, piano piano perde la sua perfezione ed i ricordi che lapidari rimanevano lì, si dissolvono e scompaiono.
Ora pensate che sono succederebbe se la persona affetta da questa malattia fosse stato nel suo passato un serial killer, che non è stato mai scoperto da nessuno ed ha continuato impunito ed imperterrito a portate avanti la sua attività. Quei ricordi sarebbero molto di più che meri ricordi. Specialmente se quei ricordi poi diventassero necessari per salvare sua figlia da un altro serial killer che le aggira intorno, magari proprio con intenti malefici.
Il libro di cui vi parlo per il #dramiamospooky di oggi, la rubrica di Halloween, è “Memorie di un assassino” dello scrittore Kim Young-ha, che parte proprio da questa premessa qui.
Kim Pyongsu è un uomo anziani a cui hanno diagnostico l’Alzheimer, ma nel suo passato si nascondono diversi casi di omicidio. Un serial killer, che sceglie di trascrivere le sue memorie per non perdere di vista il contatto con la realtà che lo circonda, che nonostante tutto però scivola dalle sue mani e dalla sua mente.
Pyongsu è un uomo particolare, sembra non nutrire nessun rimorso per quello che ha fatto nel suo passato, la cui scintilla lui collega ai soprusi subiti da bambino dal padre, che praticava violenza a lui, al fratello e alla madre. Ma è anche un uomo attratto dalla poesia, tanto da scegliere di iscriversi ad un corso dove le poesie che compone altro non sono che resoconti dei suoi omicidi in versi, ma che nessuno riesci a cogliere, per il suo maestro infatti sono straordinarie metafore della vita.
Kim Young-ha scrive un romanzo dal forte impatto emotivo, attraverso una prosa lineare ma comunque ricercata, che si avvale di diverse citazioni letterarie.
L’opera che richiama appunto una sorta di diario, sono infatti delle vere e proprie memorie del protagonista, alcune volte i periodi sono più lunghi altri appena una frase, ma sempre con un unico punto di vista e rigorosamente in prima persona, ci tratteggiano questo personaggio così peculiare, che all’apparenza sembra un uomo anziano fragile, preoccupato per la figlia ma che in realtà è uno spietato assassino senza rimorsi.
Lo stile scelto inoltre, così frammentario, permette di simboleggiare la stessa mente del protagonista, che vive una condizione di offuscamento, incapace di comprendere cosa sia reale e cosa non lo sia.
Un ritmo sostenuto e ricco di colpi di scena, un’opera che vi farà entrare, letteralmente, nella testa di un serial killer e che vi consiglio caldamente di recuperare.
Ps: Da questo libro è stato tratto un film dal nome omonimo del 2017, che sarà oggetto del prossimo #dramiamospooky.