One ordinary day a cura di Eleonora Aracri
In questo momento, la polizia sarà impegnata a mettere a punto le versioni. Lei darà la sua versione e noi la nostra.
Quante versioni esistono di una stessa storia? E quanto ci vuole alla dea bendata per eccellenza, la Giustizia, individuare la verità dietro così tante versioni? Immaginate se una sera qualunque, rubaste il taxi di vostro padre per raggiungere ad una festa i colleghi universitari. Percorrete tutta la città, finché ad un incrocio una giovane misteriosa, si siede sul sedile passeggeri, vuole che la conduciate al fiume Han. Voi non sapete nulla di lei, insistete con il fatto che il taxi sia fuori servizio ma lei è affascinante, riesce a conquistarvi e decidete di passarci la notte insieme. Solo che la mattina dopo la ragazza è morta, 13 coltellate. Voi siete l’unico sospettato, ma vi dichiarate innocente, tutti gli indizi però puntano ad indicare la vostra colpevolezza e tutti intorno a voi, sono intenzionati a fare in modo che la confessiate.
Che incubo vero? Beh il drama di cui vi parlo oggi per #dramiamo, con la quale io collaboro attraverso le segnalazioni, parte proprio da queste premesse qui.
Oggi parliamo del mini drama in 8 puntate “One Ordinary Day“, il remake sudcoreano della serie britannica “Criminal Justice“ progetto è stato interamente curato dal team di RaMa Oriental Fansub, che ringraziamo per il lavoro di traduzione.
Corea del Sud 2021, Kim Hyun-Soo è un giovane studente universitario accusato della morte di una ragazza conosciuta poche ore prima, con cui ha trascorso una notte di eccessi. Sembrano tutti convinti della sua colpevolezza, anche lui dubita di sé stesso, l’unica persona pronto ad aiutarlo sarà l’avvocato Shin Joong-Han, assistito nel compito dalla brillante giovane praticante Seo Soo-Jin, pronto a tutto pur di farlo scagionare dalle accuse.
Il drama ha un po’ la struttura del “viaggio dell’eroe” classico, solo che l’eroe non è un eroe, ma più un bambino sperduto in balia degli eventi ed il viaggio, che si dipana di fronte agli occhi degli spettatori, è più una discesa verso il declino, alla ricerca di una verità che sembra sempre più distante.
Ogni episodio analizza un aspetto diverso della storia al fine di fornire un quadro completo, non solo degli eventi ma soprattutto dei suoi personaggi.
Kim Hyun-Soo, interpretato dal fenomenale Kim Soo-hyun, è un ragazzo impacciato a cui capita qualcosa che non avrebbe mai voluto vivere. La vita in prigione, mentre attende l’esito del processo, lo spezza, fisicamente ed emotivamente, trasformandolo. Il suo cambiamento appare evidente dalle piccole cose, come dal colore delle camicie che indossa per le udienze fino al taglio dei capelli.
La sua crescita personale è influenzata da due figure, che fungono quasi da mentori non richiesti. Da una parte il suo avvocato Shin Joong-Han, interpretato da Cha Seung-Won, una figura a tratti bizzarra che soffre di dermatite atopica, tremendamente intelligente ed abile nel suo mestiere, ma considerato nel settore un avvocato di terz’ordine. Mentre dall’altro lato abbiamo Do Ji-Tae, il “leader” della prigione, una figura carismatica che decide di prenderlo sotto la sua ala protettrice, questa figura è quella che maggiormente incide sulla sua crescita personale.
La fotografia gioca tantissimo su due colori in particolare, il blu delle uniformi carcerarie e grigio chiaro degli ambienti. Un contrasto che viene interrotto da sporadiche luci esterne, per lo più soffuse e di un colore che vira dal marroncino chiaro all’arancione, quella luce tipica dei tramonti accesi o la luce al neon dei fari durante le ore notturne, che danno ad alcune scene, soprattutto quelle in ufficio quando l’ispettore capo analizza le prove ma non solo, un tocco di noir classico.
Alcune scene, particolarmente significative e potenti, sono invece affidate alla sola capacità recitativa degli attori, che devono rendere la scena senza battute, in un gioco combinato tra regia e comparto audio.
È una forte critica al sistema sommario della giustizia, quello cioè poco attento, distratto, pronto a dipingere un quadro piuttosto che scavare a fondo agli eventi. Semplicistico e superficiale, perché se le prove sono così evidenti, sono lì ed indicano quell’unico sospettato, che senso ha complicarsi la vita?
Se devo fare un piccolo appunto, il drama è classificato come thriller, ma nei k-drama lo sappiamo benissimo che queste etichette lasciano il tempo che trovano ed infatti questo è l’esempio più evidente. Di tutta la storia infatti è più interessante l’introspezione dei personaggi che il crimine in sé, anche il colpevole alla fine niente di esaltante. Ma tutta la questione psicologica che gira intorno al caso invece, da brividi, l’hanno resa magnificamente. Ogni personaggio è stato caratterizzato a tutto tondo ed ognuno di loro viene interpretato dagli attori in maniera peculiare. Grande prova attoriale da parte dell’intero cast, che non si è risparmiato.
Un bellissimo remake, grande lavoro di regia, sceneggiatura e fotografia, il cui lavoro congiunto ha saputo incorniciare e restituire, una storia drammatica, cruda ed a tratti poetica.
Ps: bellissimo anche il cameo di Kim You-Jung, che non mi aspettavo di trovare, non avevo controllato il cast.
One ordinare day è stato scritto da Ele, per la quale si ringrazia per il suo prezioso contributo!
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