Snowdrop, tra dolcezza e bugie a cura di Eleonora Aracri
Se esiste un drama più chiacchierato nel panorama negli ultimi anni, “Snowdrop” è sicuramente quello che ha vinto un primato. Oggi per #dramiamo, in onore dell’uscita sul Disney Plus italiano, Ele vi parla proprio di questo drama.
Petizioni, ricorsi al tribunale e proteste, i sudcoreani non hanno preso benissimo la decisione di realizzare questo prodotto ed a ben vedere. Si tocca infatti un periodo storico, turbolento e tragico, per il paese, un periodo della storia che il paese sta ancora cercando di processare, non con poche difficoltà.
Molti diranno: “Si tratta solo di un drama, non di un documentario“. Una visione semplicistica non vi pare? Perché? Perché i drama sono prodotti di soft power per la Corea, questo implica che persone che non studiano o non conoscono la storia coreana e si approcciato per la prima volta a questi prodotti, possono tranquillamente pensare che le cose siano realmente avvenute così come vengono raccontate, in più questo drama in particolare ha una protagonista femminile non esattamente sconosciuta, si tratta infatti di Jisoo delle Blackpink, che ha un fandom mondiale.
Capirete se in molti si sono giustamente lamentati. Una lamentela tutt’altro che estranea a noi Occidentali, per altro. Quando Netflix rese disponibile “Barbarians“, la storia della battaglia di Teutoburgo, la produzione tedesca della serie tv aveva dipinto in maniera tutt’altro che lusinghiera gli antichi romani, con diverse lamentele da parte nostra, se ricordo bene. La critica di un prodotto perché racconta in determinati modi un avvenimento storico è prassi comune in tutto il mondo.
Fatte le dovute premesse, veniamo alla trama in sé e per sé.
Corea del Sud, 1987. Il paese è sotto una brutale dittatura, che si avvale della National Security Planning per sedare qualsiasi dissidente politico. In quel periodo le maggiori proposte arrivavano principalmente dagli universitari, che spesso venivano accusati di essere spie nordcoreane e torturati. Ed è proprio su questo elemento che nascono le proteste, ma anche il perno stessa della storia che andiamo a raccontare, perché Im Soo-Ho, interpretato da Jung Hae-in, si finge proprio uno studente universitario di ingegneria, di origini coreano-tedesco, ma si rivela essere in realtà una spia nordcoreano (nessuno spoiler lo sapevamo dall’inizio).
Le ragazze del dormitorio femminile Hosoo Women’s University, invece sono ignare di questo particolare, quando si presenta nella loro stanza, ferito e prossimo alla morte, lo salvano invece di denunciarlo, proprio perché credono che sia uno degli studenti ingiustamente perseguito dalla polizia. Non sono consapevoli di star violando una legge di sicurezza nazionale.
Il nostro personaggio femminile invece è la dolcissima ed ingenua, Eun Young-Cho, studentessa di letteratura inglese. Che incontra Im Soo-Ho ad un appuntamento al buio e tra di loro scatta una scintilla, che farà presto a diventare una fiamma che inizierà a divorare tutto quello che li circonda.
Sono sincera il drama è bello, anche se si incarta pericolosamente verso la metà della storia. Ma procediamo per gradi. I personaggi sono l’elemento cardine dell’intera storia, sono i loro sentimenti, i loro valori e le loro scelte che ne muovono gli ingranaggi, in un meccanismo che definire contorto sarebbe un complimento. Sono personaggi complessi, con un background doloroso alle spalle, che fanno o che hanno fatto del loro meglio per imparare a sopravvivere, spesso facendo scelte sbagliate o accettando compromessi.
Un cast variegato che ha regalato delle meravigliose performance, alcune migliori di altre. Non mancano i momenti di leggerezza, come non mancano quelli in cui lo spettatore rimane con il fiato sospeso.
A mio parere, la narrazione sarebbe stata più scorrevole con meno episodi ed una storia più condensata. Verso la fine gli episodi sono fin troppo lunghi, alcuni sono ridondanti, soprattutto perché scoprivamo poco in un tempo fin troppo dilatato, questo appesantisce la narrazione. Sembra quasi come se volessero a tutti i costi riprendere il format di “Crash Landing on You“, anche i bonus a fine episodio ne sono un esempio evidente.
La fotografia del drama gioca sulla ricostruzione storica, come a suo tempo aveva fatto anche Youth of May, solo che con il secondo avevamo visto e vissuto di più dell’epoca. Qui, che per forza di cose, siamo chiusi dentro il dormitorio abbiamo una visione parziale del mondo circostante. Nonostante questo, l’uso dei colori, i vestiti, persino le luci, diventano elementi distintivi.
Il dormitorio, che conosciamo perfetto ed immacolato, irradiato dalla luce gialla del sole che passa per le ampie vetrate, cambia con l’evolversi della storia, al suo posto un mucchio di macerie, immerso nel buio e nella penombra.
Un riassunto stesso della storia se vogliamo, che a prima vista può sembrare una tranquilla storia d’amore tra due giovani, ma che in realtà si rivela ben presto essere molto più di questo.
Un drama con una struttura corale ed una narrazione accattivante, non privo di difetti, ma comunque un prodotto godibile, che vi consigliamo di recuperare.
Ps: le canzoni sono meravigliose. Da ascoltare a ripetizione “One Way Ticket“.
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